Lo sviluppo delle collezioni nelle biblioteche pubbliche. Parte 1

Il dibattito sulle biblioteche pubbliche

Riportiamo la prima parte dell'intervento della dott.ssa Sara Dinotola, Biblioteca di Bolzano, al Convegno delle Stelline 2019 LA BIBLIOTECA CHE CRESCE intitolato Lo sviluppo delle collezioni nelle biblioteche pubbliche: verso una citizen-centric-library 

"...Come è noto, lo scenario in cui si trovano ad agire le biblioteche pubbliche del XXI secolo è caratterizzato da numerosi fattori di cambiamento rispetto al passato, di tipo tecnologico, economico, sociale e culturale. Innanzitutto va rimarcato che la convergenza al digitale, la diffusione delle tecnologie di rete e dei dispositivi mobili possono mettere in discussione la centralità della biblioteca nel garantire l’accesso all’informazione e alla cultura e, dunque, la loro diffusione. Un altro aspetto di cui tenere conto è la crisi economica, che si è manifestata ormai da più di un decennio e ha portato a una stagnazione o, più spesso, a una diminuzione dei fondi destinati alle biblioteche, tra cui quelli per gli acquisti, e a una contrazione del personale bibliotecario. A livello generale, si assiste, inoltre, a un’instabilità socio-politica, all’erosione del ceto medio e a una polarizzazione sociale con la conseguente crescita delle disuguaglianze. Bisogna anche tenere conto del regresso degli spazi pubblici all’interno delle città, soprattutto nelle periferie, e della grave «crisi cognitiva» in atto.

A partire dalla considerazione di tali elementi di discontinuità, che aggiungono complessità al contesto in cui le biblioteche si trovano ad agire, il dibattito scientifico e professionale ha preso le mosse da una serie di interrogativi, tra loro strettamente connessi, relativi alla possibile crisi di legittimazione e di senso della biblioteca pubblica e alle funzioni che, per rilanciarsi, essa può e deve svolgere nella società contemporanea. Le strade più percorse per cercare delle risposte da un lato hanno portato a ribadire la funzione centrale delle biblioteche in relazione alla lettura, all’uso dei documenti e all’arricchimento culturale e dall’altro a sottolineare la necessità di ampliare le funzioni delle biblioteche pubbliche, che devono uscire dal loro isolamento, diventando parte centrale e attiva delle città.

In linea con questo secondo orientamento, negli ultimi anni sono state coniate tante espressioni per connotare la nuova auspicata natura della biblioteca pubblica, ognuna delle quali ha inteso metterne in evidenza una o più specifiche caratteristiche. Ad esempio, riprendendo la definizione del sociologo Ray Oldenburg, la biblioteca viene associata al terzo luogo, in cui trascorrere il tempo che non si passa a casa o al lavoro. Al centro viene posto il tema dello spazio che deve diventare maggiormente attrattivo e accogliente: va abbandonato il modello tradizionale che vede la prevalenza di scaffali e tavoli pesanti, in favore di uno più flessibile. L’obiettivo è quello di superare la visione della biblioteca come luogo statico, del silenzio e della lettura individuale, al fine di trasformarla in un angolo per l’incontro, lo scambio e la conversazione, in un luogo «collante della società». Strettamente collegate al concetto di terzo luogo sono le espressioni come community space, modern meeting arenas, piazze del sapere, che pongono l’accento proprio sul legame tra la biblioteca e la città. Le biblioteche, al fine di attivare processi di «rigenerazione urbana» e occasioni di contatto e di scambio tra i cittadini, si devono proporre come nuovi spazi pubblici sociali, multietnici e multigenerazionali.

Sottolineando tutti gli aspetti fin qui richiamati, nella letteratura tedesca viene messo in evidenza il concetto di Ort des Aufenthalts, contrapposto al ruolo più tradizionale delle biblioteche in quanto Hol-und Bring-Institutionen: da luogo del prestito e della restituzione esse devono proporsi come il posto in cui trascorrere il tempo, chiacchierare, prendere un caffè, giocare, creare e condividere la conoscenza. Diventano, quindi, Erlebnisräume, termine traducibile in italiano come spazi esperienziali. Proprio il tema della creazione condivisa della conoscenza, secondo meccanismi bottom up, è quello su cui si focalizza in particolare la biblioteca partecipativa. Essa trova in David Lankes il suo più appassionato sostenitore e «rende partecipi i suoi membri (espressione lankesiana che sostituisce il termine “utenti” considerato passivo) nella ideazione e gestione dei servizi». Inoltre, in linea con tali considerazioni, la trasformazione della biblioteca può andare nella direzione del makerspace, in cui le persone non si limitano passivamente a fruire dei documenti, ma diventano creatori di contenuti e di oggetti, utilizzando, oltre alla propria creatività, strumenti tecnologicamente avanzati. Dietro a queste espressioni, certamente molto suggestive, ricche di spunti interessanti e di facile comprensione anche per i non addetti ai lavori, si può però nascondere il pericolo di un’eccessiva semplificazione e di un conseguente allontanamento dalla realtà, di cui non sono spesso in grado di far emergere la complessità e la variabilità. Infatti, come giustamente sottolineato da diversi studiosi, le modellizzazioni, oltre a diventare velocemente obsolete, tendono a tradursi in slogan privi di significati concreti che non permettono di condurre un’analisi complessiva della biblioteca e delle sue funzioni nello specifico contesto in cui essa opera.

Per evitare questi rischi e rendere davvero utile la riflessione teorica ai fini del lavoro quotidiano dei bibliotecari risulta opportuno fare propria la proposta avanzata da Maurizio Vivarelli di approdare a una «consapevole sospensione critica del giudizio, rinunciando alla rassicurante prospettiva di normarlo, delimitarlo, vincolarlo a una predeterminata e autoritativa cornice interpretativa» fino a quando non sia stata compiuta un’osservazione di tutti i fenomeni che si manifestano nello spazio fisico e concettuale della biblioteca. Dunque, per poter formulare una nuova pianificazione strategica che si possa poi concretizzare in obiettivi specifici e misurabili, bisogna innanzitutto soffermarsi sulla realtà, sui dati di fatto, analizzando in modo scientifico proprio la comunità per la quale la biblioteca aspira a diventare centrale e confrontandosi con essa. «Così si potrà realizzare una convergenza tra svolta narrativa e progettualità, tra visione politica e realizzazioni concrete, tra finalità ideali e risultati»: questo è il senso principale della cosiddetta biblioteconomia sociale, ovvero l’approdo più recente del lungo percorso evolutivo della biblioteconomia, che succede, ma non cancella, anzi ingloba in sé, la biblioteconomia gestionale e quella documentale."

I bibliotecari, al fine di svolgere un lavoro rigoroso, hanno a disposizione una varietà di strategie, metodi e tecniche di ricerca: l’approccio misto, che oltre ai dati quantitativi sia in grado di fare emergere anche gli aspetti qualitativi, è certamente quello oggi maggiormente auspicato. Su questi presupposti si basano le tante indagini sulla percezione degli utenti e sull’impatto delle biblioteche condotte negli ultimi anni. Nonostante le diversità legate agli specifici contesti oggetto delle varie indagini, da esse emerge un quadro composito che testimonia, come ha evidenziato Giovanni Di Domenico, che l’identità della biblioteca pubblica non può che essere plurale. Da tali studi è emerso che le funzioni tradizionali (ad esempio accesso ai documenti, studio e lettura) convivono, nelle percezioni delle persone, con altre legate alla considerazione della biblioteca come spazio sociale all’interno della città, in cui vengono stimolati la crescita individuale, l’apprendimento permanente, lo scambio, il pensiero critico."


Pubblicato in CONOSCENZE il 09/12/2019

Tags: BIBLIOTECHE, GESTIONE DELLE COLLEZIONI

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