La letteratura giapponese nasce intorno al 711-712 con libro il “Kojiki”, detto anche “Antichi eventi scritti”: un documento che narra, in chiave mitologica, la genesi dell’arcipelago giapponese e delle sue divinità. È però durante il periodo Heian (794-1185), culturalmente ricco, che collochiamo il capolavoro assoluto della letteratura giapponese scritto dalla poetessa e scrittrice Murasaki Shikibu: “Storia di Genji“. Si tratta di un’opera monumentale, composta da 54 capitoli, che percorre le gesta del bellissimo e nobile principe Hikaru Genji che, rimasto orfano di madre da bambino, ricerca in tutte le donne che incontra nel corso della sua vita la figura materna prematuramente perduta. Scritto nella lingua della stessa Murasaki, il giapponese parlato a corte nel periodo Heian, “Genji monogatari” viene considerato dai critici il primo romanzo moderno e il primo romanzo psicologico.
L’ultimo periodo della letteratura giapponese classica è l’Era Edo (1603-1868), ed è anche l’ultimo periodo nel quale l’influenza culturale della Cina è preponderante: grazie all’alto tasso di alfabetizzazione e la diffusione della stampa, l’editoria giapponese vive in questo lungo periodo un’epoca molto florida. Tra gli autori protagonisti ricordiamo l’irriverente e scandaloso Ihara Saikaku, nella cui opera si alternano temi legati al libertinaggio e alla esaltazione dei sensi, la descrizione del mondo dei valorosi samurai e racconti che riportano la filosofia della classe mercantile.
A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, inizia per la cultura giapponese il confronto sempre più acceso con l’Occidente: siamo nell’epoca Meiji, che rappresenta un vero punto di svolta della modernità letteraria giapponese. L’interesse degli autori comincia in questi anni a focalizzarsi sul singolo individuo posto al centro delle vicende narrate, come accade anche nella tradizione occidentale dell’epoca, le sue problematiche, i dissidi interiori e le sue passioni: protagonista è, tra gli altri, il genere letterario novecentesco Shishōsetsu o Romanzo dell'Io, di radici naturaliste, che ha tra i suoi massimi esempi l’intimo e struggente capolavoro decadente di Osamu Dazai “Lo squalificato”. Appartenente alla scuola del periodo post-bellico chiamata Burai-ha, l’opera di Osamu Dazai narra la storia di un disegnatore, Yozo, che sentendosi rifiutato dalla società, vive una condizione esistenziale di estrema solitudine, percependosi come una figura inutile, inetta alla vita e in continua lotta con un’interiorità ricca di conflitti, testimoniando al lettore uno stato d'animo che rispecchia anche il senso di delusione e depressione postbellica vissuta da tanti reduci giapponesi.
L’internazionalizzazione che ha avuto avvio negli anni Settanta del Novecento ci porta fino agli autori più conosciuti e letti ai giorni nostri, come i prolifici Haruki Murakami e Banana Yoshimoto, due famosissime e amate voci di una letteratura di massa largamente apprezzata dalle nuove generazioni di lettori e che scelgono tematiche che spesso hanno un forte legame con la cultura occidentale e con l’immaginario consolidato dei suoi lettori. Vengono a volte riprese da questi autori anche tematiche tipiche della cultura americana, come gli espliciti rimandi alla musica jazz di Murakami, e non mancano le incursioni nel romanzo giallo, ad esempio con Natsuo Kirino - è ormai un classico il suo drammatico e crudele romanzo al femminile “Le quattro casalinghe di Tokyo” - e Seichō Matsumoto, reso famoso dalla sua indagine impossibile a tinte noir “Tokyo Express”.
Vi proponiamo 30 titoli di autori giapponesi pubblicati nell’ultimo anno dei quali vi consigliamo la lettura.
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